Pirro, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO PRIMO
 
 Campo di battaglia tutto seminato di stragi ed ingombrato da carri spezzati, da tende arrovesciate e da quanto può rimanerci dopo un sanguinoso combattimento. Nel mezzo si vedono alcuni trofei guerrieri, di lance, spade, bandiere, eccetera, innalzati dagli Epiroti e da’ Medi al Sole, loro deità tutelare. Gran sole nell’alto.
 
 SCENA PRIMA
 
 PIRRO e guerrieri epiroti, con spada ignuda
 
 PIRRO
 Lucido dio, sola del giorno e prima
 de’ parti di natura
 fonte e cagion, dal cui splendore e moto
 beltà prendono gli astri, ordine i fati,
5Febo, pompa de’ cieli,
 spirto degli elementi, alma del mondo,
 riverente ti adoro; e al tuo gran nume
 queste del fier Macedone, già vinto,
 spoglie guerriere, alti trofei di gloria,
10il regnante di Epiro,
 il figliuolo di Eacide, divoto
 fra il sangue e l’armi a te consacra in voto.
 
 SCENA II
 
 PIRRO, DEMETRIO e poi CIRO con seguito di macedoni
 
 DEMETRIO
 Questi, che a te sen viene, è de’ custodi
 del fier Cassandro il primo duce; è Ciro.
 PIRRO
15Venga; udrem ciò che arrechi.
 CIRO
 Pirro, altier non ti renda
 della sorte un favor. Cassandro, il grande
 regnator de’ Macedoni, mio sire,
 sicure ha le vendette; e fede allora
20dell’alta sua possanza
 le sue perdite istesse a te faranno.
 Ei suo nunzio m’invia;
 né al vincitor chiede la pace; t’offre
 solo il venturo dì per tregua all’armi.
25Di quest’ossa insepolte,
 ch’empiono il suolo e fan la guerra a’ vivi
 con aliti di morte,
 pietà ci move. Ad esse
 l’urna si debbe e il rogo. A’ tuoi pur anche
30dei quest’ultimo onor. Tumidi al pari
 del tuo, del nostro sangue
 vanno i fiumi oltre l’uso al mar vicino;
 e tu stesso qui forse
 de’ tuoi ’nfausti trofei piangi ’l destino.
 PIRRO
35Alla parte miglior nella men forte,
 Ciro, arrise la sorte.
 Al valor de’ Molossi
 il Macedone cesse;
 cesse al Caspio l’Egeo, Cassandro a Pirro.
40Io del felice evento
 gloria ho, non fasto; e grazie rendo a’ numi
 di un loro dono e non de’ mali altrui;
 cosa facile e degna
 di pietà mi si chiede.
45Diasi pur tregua e, se Cassandro il vuole,
 diasi fine anche agli odi.
 Abbastanza di sangue
 tra noi si è sparso; e le nostr’ire han fatto
 molti infelici. Anziché cada il giorno,
50mio nunzio in Ecbatana
 verrà Demetrio a stabilirne i mezzi.
 CIRO
 Farai ciò che ti detta
 cauta ragione. Al mio signor men riedo;
 e a lui dirò che nella tregua offerta
55un suo dono accettasti.
 L’uso ten giovi. Or pensa
 che tuo rischio sarà ciò ch’è tua gloria
 e comincia a temer la tua vittoria.
 
 SCENA III
 
 PIRRO e DEMETRIO
 
 PIRRO
 Là, dove empie Cassandro
60la non sua reggia, andrai, Demetrio; e in questi
 sensi esporrai del regio core i voti.
 Non di onor, non di sangue
 desio mi mosse a guerreggiar. Cassandro
 oltre il Nilo e l’Eufrate
65stenda il nome e lo scettro; ed al suo fasto
 sien ristretto confine Africa ed Asia.
 Non lo invidio e non sono
 rival della sua gloria, o del suo trono.
 Rendami Ismene; e lasci
70che seco io possa in moderato impero
 regger Media ed Epiro,
 piccioli regni, ov’ei di sangue e d’armi
 non ha diritto e che una colpa ha resi
 suo acquisto e mia sciagura.
75Queste sien della pace
 le ferme leggi; o renda
 oggi ’l maltolto o crudel guerra attenda.
 DEMETRIO
 Tal del vinto nimico,
 sire, è il destin che quanto
80del suo regno gli lasci è sol tuo dono.
 Alle leggi che dai, Cassandro appena
 crederà di esser vinto.
 Fido esporrò quanto m’imponi.
 PIRRO
                                                            Io teco,
 segreto e ignoto, in sul piegar del giorno
85verrò nella città.
 DEMETRIO
                                 Fra’ tuoi nimici?
 PIRRO
 Mi assicura la tregua.
 DEMETRIO
                                          Ove gli giovi,
 scorda il tiranno e giuramenti e patti.
 PIRRO
 Avrò meco nel rischio
 l’amor, l’ardir, l’amico Glaucia, Ismene,
90la ragion delle genti,
 l’esercito vicin, gli dei che han presa
 con sì chiari trofei la mia difesa.
 Ne’ giardini di Ellenia,
 figlia a Cassandro e pur fedele al nostro
95tenerissimo affetto,
 inviterò con un mio foglio Ismene.
 Recherallo un mio servo.
 DEMETRIO
                                                Il ciel ti assista.
 PIRRO
 Preparatevi, amori,
 meco a goder nel sospirato oggetto
100e sia pari alla brama anche il diletto.
 
    Care luci del mio bene,
 già mi par di rimirarvi;
 
    già prevengo con la spene
 il piacer del vagheggiarvi.
 
 SCENA IV
 
 DEMETRIO
 
 DEMETRIO
105Ah, Demetrio, che pensi? E quale interna
 ribellion di affetti
 t’agita e ti dibatte?
 Nella reggia nimica andrai messaggio
 del tuo re, del tuo duce? Obbligo e fede
110stringono il sacro impegno.
 Ma, ti sovvenga e libertade e vita
 al figlio di Cassandro
 colà tu dei. Non è men forte il nodo
 di un grato amore e la memoria io lodo.
115È mio principe Pirro
 ed Arideo benefattore. Ad ambi
 nel loro amor giurai la fede; e un solo
 può nel caro possesso esser beato.
 Son fra due colpe. All’uno
120esser deggio fellone o all’altro ingrato.
 Necessità già mi vuol reo. Qual parte
 seguo? A qual manco? Oh numi!
 Dove sfuggo l’error, trovo il periglio;
 dove cerco ragion, manca il consiglio.
 
125   Ira vuol d’inique stelle
 ch’io sia ingrato o traditor.
 
    Reo già sono e sventurato;
 ma la colpa è del mio fato;
 e la pena è del mio cor.
 
 Deliziosa nel palazzo reale.
 
 SCENA V
 
 CASSANDRO e GLAUCIA
 
 GLAUCIA
130Signor, di tue fortune
 nell’Illirio, ove regno a te vassallo,
 mi giunse il grido; e dal paterno cielo
 duci e guerrieri in tuo soccorso ho tratti.
 CASSANDRO
 E ben sei giunto al maggior uopo, o sempre
135fido Glaucia ed amico.
 Ma, ti è noto qual abbia
 nimico a fronte?
 GLAUCIA
                                 Il so con pena; è Pirro.
 Vassallaggio e amistà, fra te, fra lui,
 tien diviso il mio cor. Pur, qui tel giuro,
140sol suo amico sarò quanto permetta
 l’onor mio, la mia fede.
 Da un cavalier vassallo
 un amico ed un re più non richiede.
 CASSANDRO
 Ciò che in altri esser colpa
145dovrebbe, è in te virtù. Glaucia può solo
 amar senza irritarmi il fier nimico.
 GLAUCIA
 Ma questo amor non saprà farmi infido.
 CASSANDRO
 E l’odio mio non dee volerti ingiusto.
 GLAUCIA
 Così sei regnator; così sei giusto.
 CASSANDRO
150Quanto ti deggio!
 GLAUCIA
                                   Al poco,
 che oprai per te, dai troppo prezzo.
 CASSANDRO
                                                                  In breve
 dalle mie braccia a quelle
 di Ellenia andrai, mia regal figlia.
 GLAUCIA
                                                                Ah, sire.
 CASSANDRO
 Ella ti sarà sposa. Alla tua fede
155trovar non posso un guiderdon maggiore.
 GLAUCIA
 (Gioie di amor, non mi opprimete il core).
 A’ piedi tuoi...
 CASSANDRO
                             Mio caro,
 vattene e sia tua cura
 tener nel vicin rischio
160le genti in fede, in sicurtà le mura.
 GLAUCIA
 
    Cader vassallo esangue
 non temerò per te.
 
    Spargerò l’alma e il sangue;
 e del tuo dono al pari
165risplenderà mia fé.
 
 SCENA VI
 
 CASSANDRO, ARIDEO e poi CIRO
 
 ARIDEO
 Padre e signor, dall’ostil campo a voi
 Ciro fe’ già ritorno.
 CASSANDRO
 Entri.
 CIRO
               Eccelso regnante,
 accettata è la tregua e si vuol pace.
170Prima del novo sole
 nunzio verrà che teco stringa il nodo.
 CASSANDRO
 Pace si dia, purché sia onesta e giovi.
 ARIDEO
 E se si chiede Ismene?
 CASSANDRO
                                             Ismene, o figlio,
 diasi; il prezzo non val guerra e periglio.
 ARIDEO
175Ah, padre, amor...
 CASSANDRO
                                    Taccia, se nuoce. Il regno
 sia il primo amor; poi si compiaccia al senso.
 Possesso di beltade
 non è del re, del minor volgo è il bene.
 ARIDEO
 (Vita mi si può tor ma non Ismene).
180Sire, all’ire perdona
 di un amor disperato.
 Pria moverò tutto sossopra. Amici,
 l’Asia, la terra all’armi
 meco trarrò. Dell’imeneo su l’ara,
185fra gli ulivi di pace,
 cadrà il rival; cadrà pria seco Ismene.
 Io stesso ancor sul loro busto esangue,
 vittima e sacerdote,
 pria spargerò, fiero anche in morte, il sangue.
 CASSANDRO
190Ciro, chiamisi Ismene; io qui l’attendo.
 CIRO
 Pronto. (Si parte)
 CASSANDRO
                  Figlio, Arideo,
 son re, son padre; e non obblio natura
 nell’impegno del grado.
 Fra il regno e te, tengo in bilancia il core.
195Vanne; so il mio dover; scuso il tuo amore.
 ARIDEO
 
    Salvar puoi l’erede al trono
 col non tormi il caro bene.
 
    Questa vita è sol tuo dono.
 O la svena in questo petto
200o la serba in quel d’Ismene.
 
 SCENA VII
 
 CASSANDRO
 
 CASSANDRO
 Cor di re non affidi
 che sé stesso a sé stesso. Invano attende
 da noi l’iniquo Pirro e sposa e pace.
 Col dargli Ismene, ogni ragion gli cedo
205sopra la Media. Ismene
 sarà sol di Arideo.
 Giovami; e s’ella il nega,
 giusta è la forza, ove il rispetto è vano.
 
 SCENA VIII
 
 ISMENE e CASSANDRO
 
 ISMENE
 Eccomi al cenno.
 CASSANDRO
                                  Ismene,
210è tempo omai che sul tuo crin risplenda
 il paterno diadema. Io, sino ad ora,
 più che suo possessor, ne fui custode.
 Tel rendo e t’offro insieme
 nell’imeneo del figlio anche il mio trono.
215Tu il nodo e il grado accetta;
 e l’amor tuo dia maggior prezzo al dono.
 ISMENE
 Cassandro, a core aperto
 e regina qual nacqui,
 se non qual vissi, al tuo parlar rispondo.
220Due gran cose ad un tratto
 m’offri  e tra loro opposte,
 il mio scettro, il tuo figlio. In una adempi
 il tuo dover; cerchi ’l tuo pro nell’altra.
 E le offri a me, che al pari
225può far vile il consenso,
 infelice il rifiuto.
 Vuoi che le accetti? Io te ne addito i mezzi;
 separa i doni tuoi. Libera innanzi
 ponmi sul regal soglio;
230poi nell’uso del regno e del comando
 d’imeneo mi si parli.
 Sceglier voglio regina,
 non ricever lo sposo; e vo’ che il nodo
 sia ragione, non legge.
235Cassandro, insin che al fianco
 custodi, anziché servi i tuoi mi stanno,
 mi conosco tua schiava
 e in te vedo che parlo al mio tiranno.
 CASSANDRO
 Non è l’ultima prova
240dell’amor, che ti serbo, il mio soffrire.
 Sin da’ primi anni tuoi t’amo qual figlia;
 il tuo regno ti serbo;
 ti dono il mio; t’innalzo
 all’onor del mio sangue; e allor che t’offro
245grandezza, libertà, marito e soglio,
 son tuo tiranno? Ismene,
 hai troppa sconoscenza o troppo orgoglio.
 ISMENE
 Se un tal nome t’irrita e se più stima
 dar volevi a’ tuoi doni,
250ti convenia celarmi
 che Ismene io sono e che d’Ircano io nacqui,
 a cui vita e corona
 con venefico umore, empio togliesti.
 CASSANDRO
 Natura e non veleno
255ci tolse il re tuo padre. Il volgo avvezzo
 di ogni nostro destino a far mistero,
 sparse voce bugiarda; e questa or trova
 fede sol nel tuo core,
 perché sembri giustizia il tuo furore.
 ISMENE
260Va’; discolpa il tuo fallo
 con chi men ti conosce e più ti teme.
 D’altra tempra son io. Reo ti ha convinto
 di questo core i moti,
 gl’impeti di quest’alma. Anzi sovente
265suo carnefice iniquo a me ti giura
 l’ombra paterna esangue.
 Gli avanzi di quel sangue
 bollon nelle mie vene.
 Serbarlo in me, dopo il misfatto enorme,
270tua politica fu, non tua pietade.
 Sin d’allor mi scegliesti
 vittima del tuo fasto. Era mal fermo
 quel trono in cui ti assidi.
 Tu il rendi a me ma sol per darlo al figlio;
275e in sì fatal vicenda,
 per tema di cader, vuoi ch’io l’ascenda.
 CASSANDRO
 Intendo. Il folle amor, che t’arde in seno
 per Pirro a me rubello,
 e la speme, in te nata
280da’ suoi trofei, ti fa superba e ingrata.
 Ma vedi; ancor ben posso
 in lui punir la sorte, in te l’orgoglio;
 posso ne’ mali suoi farti infelice,
 posso al tuo esempio anch’io...
 ISMENE
285Tutto, sì, vincer puoi, non l’odio mio.
 CASSANDRO
 Non più, risolvi e accetta...
 ISMENE
 E che?
 CASSANDRO
                L’onor del grado.
 ISMENE
 L’ebbi da’ miei natali.
 CASSANDRO
 L’uso del regno.
 ISMENE
                                Ogni altra man mel renda
290che quella di Cassandro.
 CASSANDRO
 Lo sposo.
 ISMENE
                    Un che ti è figlio?
 CASSANDRO
                                                      Un che t’innalza
 all’impero dell’Asia.
 ISMENE
                                       Impero nato
 da veleni, da inganni e da rapine,
 ha per base i tracolli e le rovine.
 CASSANDRO
295Dissimulando i torti,
 sinor li meritai. Ma senti, Ismene.
 Tutta ardir, tutta sdegno,
 sgrida, opponti, minaccia; abbi ogni fede
 nel valor di un nimico; entro al tuo core
300a tuo piacer disponi
 di me, della mia sorte;
 ma scegli al dì venturo o nozze o morte.
 
 SCENA IX
 
 ISMENE
 
 ISMENE
 Ho scelto, iniquo, ho scelto.
 Ad un’alma costante
305risoluto consiglio
 né pur costa il rossor di un primo istante.
 
    Lusinghe non cura,
 minacce non teme
 la fiamma, che pura
310mi avvampa nel sen.
 
    Tal s’alza l’alloro
 con fronte sicura
 al nembo che freme,
 al ciel ch’è seren.
 
 SCENA X
 
 ELLENIA con foglio in mano ed ISMENE
 
 ELLENIA
315Prendi, Ismene, e rischiari
 questo foglio di Pirro i tuoi be’ lumi.
 ISMENE
 Amica Ellenia, oh quanto
 giungi opportuna! Oh care note! Oh foglio!
 ELLENIA
 (La ministra son io del mio cordoglio).
 ISMENE (Legge)
320«Mia principessa, in sul cader del giorno,
 ne’ giardini a te noti
 verrò. Me ne assicura
 tregua ed amor. Si chiederanno intanto
 per me tue nozze al regnator Cassandro.
325S’ei non vi assente, in breve
 puniran l’armi nostre il suo furore;
 e alfin dell’odio avrà la palma amore».
 Caro e fido amator! Bei segni impressi
 da man sì illustre, in voi
330bacio... Ah! Gl’impeti, Ellenia,
 di un grande amor condona. Il cor non basta
 tutta in seno a capir la gioia mia.
 ELLENIA
 Hai ragion di andar lieta. (O gelosia!)
 ISMENE
 Ma donde il foglio avesti?
 ELLENIA
335Recollo un servo.
 ISMENE
                                  E partì tosto?
 ELLENIA
                                                             Appunto.
 Che mal saggio consiglio
 stimai fermarlo, ove Cassandro impera.
 ISMENE
 Ben risolvesti. Addio.
 ELLENIA
                                          (Sorte severa!)
 ISMENE
 
    Sugli occhi del mio bene
340le pene scorderò;
 sarò contenta.
 
    E se crudel dolore
 vorrà latrarmi in seno,
 farò che il vinca il core
345o meno il senta.
 
 SCENA XI
 
 ELLENIA
 
 ELLENIA
 Segui, misera Ellenia,
 la tua fiamma a tacer, fiamma che occulta
 t’arde tant’anni in seno. A te scoprirla
 or non giova e non lice,
350che l’inutile sfogo
 sol più rea ti faria, non più felice.
 
    Fier destin di chi ben ama
 non poter al suo diletto
 dir; «Mia vita, io per te moro».
 
355   Pur si taccia il chiuso affetto,
 quando il dirlo a chi nol cura
 saria colpa e non ristoro.
 
 Il fine dell’atto primo